Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Stefano Fiorucci, responsabile del laboratorio di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Perugia, ha recentemente individuato un nuovo meccanismo d’azione che, a livello genico, potrebbe favorire l’insorgenza della sindrome dell’intestino irritabile, una condizione molto comune soprattutto nel mondo occidentale, responsabile di sintomi addominali quali dolori ed alterazioni dell’alvo.
Tale sindrome comporta un notevole costo sia in termini puramente economici (visite, richiesta di esami specialistici, ecc..) che come giornate lavorative perse a causa della sintomatologia dolorosa addominale.
Lo studio, presentato inizialmente al Congresso Americano di Gastroenterologia nel 2012 ed ora in corso di pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale PlosOne, è stato condotto in un modello sperimentale di sindrome dell’intestino irritabile in cui è stata eseguita l’analisi dell’intero genoma (oltre 30.000 geni) per tentare di individuare quali geni fossero modificati rispetto a controlli sani.
La ricerca ha portato all’individuazione di alcune centinaia di geni che risultavano alterati rispetto ai controlli, alcuni dei quali noti per essere direttamente correlati con il dolore e/o l’infiammazione.
Inoltre l’indagine ha dimostrato che tali geni venivano normalizzati in animali sottoposti dalla nascita a dieta arricchita da fermenti lattici. Tale dato rappresenta la prima dimostrazione che i fermenti lattici sono in grado di modificare il pattern genico in questo modello sperimentale di sindrome dell’intestino irritabile.
Che cosa è la sindrome dell’intestino irritabile:
La sindrome dell’ intestino irritabile (“colite”) è una malattia che colpisce circa il 10% della popolazione femminile e si manifesta con alterazioni dell’ alvo (diarrea o stipsi) e dolore addominale. Il trattamento di questa patologia così frequente nella popolazione femminile è oggi difficile e mancano farmaci realmente efficaci nel ridurre i sintomi o prevenirne le recidive.
La sindrome dell’ intestino irritabile è una patologia cronica che si manifesta con recidive durante tutta la vita delle persone colpite. Ridurre la frequenza delle recidive è quindi un importante obiettivo terapeutico.
E’ importante anche considerare che la diagnosi della sindrome dell’ intestino irritabile è una diagnosi in negativo, cioè per esclusione, in quanto mancano sicuri criteri diagnostici e la diagnosi viene raggiunta dopo aver escluso patologie organiche, spesso al termine di un complesso iter diagnostico.
Anche il meccanismo patogenetico è complesso e per quanto all’insorgenza di questo disturbo contribuiscono numerosi fattori, genetici, dietetici e anche psicologici, i meccanismi patogenetici sono poco noti.
Lo studio appena pubblicato del gruppo di ricerca del Prof. Stefano Fiorucci sulla prestigiosa rivista Plos One, una delle maggiori riviste biomediche internazionali, oggi dimostra l’ utilità del trattamento con probiotici nella prevenzione della sindrome dell’intestino irritabile.
L’indagine, condotta in un modello sperimentale di intestino irritabile dalla Dr.ssa Eleonora Distrutti, mostra che sebbene la comparsa di sintomi dolorosi tipici della sindrome dell’ intestino irritabile sia causata da stress psicologico, quest’ultimo causa anche ampie modificazioni a livello intestinale dell’ espressione di geni coinvolti nella dolore e nell’ infiammazione.
Queste modificazioni geniche, tipiche della plasticità neuronale intestinale, sono modificate dal trattamento con un probiotico, il VSL#3, utilizzato nella terapia dell’ infiammazione intestinale ma con possibili applicazioni in numerose patologie intestinali.