Nei beauty case di Nicole Kidman, Meryl Streep e tante altre star di Hollywood è sempre più facile trovare accanto a prodotti prestigiosi della cosmesi tradizionale acque di rose, oli da massaggio e tanti altri preparati biologici.
Ma il make-up bio non piace solo alle dive infatti, questo tipo di cosmesi, alimenta l’ interesse di un numero di clienti sempre più in crescita.
I termini “naturale”, “bio”, “eco” sono di moda, ma dietro alla maschera verde spesso c’è il trucco. Un prodotto naturale è considerato più sicuro, di qualità migliore e con un basso impatto ambientale. Sfatiamo subito questo mito: naturale non significa nulla.
Inoltre, nonostante le ultime indagini di mercato indichino che più del 40 simbolo_percentuale dei consumatori consideri i prodotti naturali come moderna fonte di eterna giovinezza o come cure di toeletta ideali per il proprio piccolo, il consumatore non conosce il vero significato di cosmetico biologico.
Non essendoci ancora una legge obbligatoria in materia di cosmetici biologici, ecco come leggere la lista degli ingredienti nei detergenti e nelle creme, per scegliere in modo consapevole i prodotti da acquistare. Se il consumatore si sente spaesato nella scelta tra prodotti cosmetici “bio” e non, la legge italiana non definisce la quantità di ingredienti naturali e biologici che devono esserci sul totale perché un cosmetico possa essere considerato appunto "naturale" o "biologico".
La normativa in vigore definisce in modo preciso quali sono gli ingredienti consentiti (naturali e chimici) e le quantità massime perché i cosmetici siano sicuri e non abbiano conseguenze sulla salute: pochi lo sanno, così come il fatto che gli ingredienti naturali non sono necessariamente più "salutari" perché possono scatenare reazioni allergiche.
In generale si possono però definire “biologici” un tonico o una crema che presentino una predominanza di materie prime vegetali a coltivazione, appunto, biologica. Attenzione, però, alle sottigliezze del linguaggio usato per le etichette. Per ora è prevista una distinzione tra cosmetico biologico (almeno il 95 simbolo_percentuale in peso di prodotti biologici) e cosmetico con ingredienti biologici (almeno il 70 simbolo_percentuale in peso di prodotti biologici). Ma, per appartenere alla categoria “bio”, c’è anche l’obbligo di non usare Ogm, radiazioni ionizzanti, di stoccare i prodotti in locali dedicati, di non usare solventi chimici che possano alterare il cosmetico. Per esempio, pensando all’ olio di semi di lino impiegato in una crema o in un olio da massaggio, questo deve essere spremuto a freddo e non ricavato da procedimenti chimici che impieghino solventi.
In Italia manca ancora una legislazione specifica in grado di regolamentare la cosmesi biologica, ma il traguardo finale è un marchio europeo o, almeno, uno standard di qualità universalmente condiviso in tutti i Paesi dell’Unione. In Inghilterra, Germania e Francia esistono già regole specifiche: nei cosmetici biologici i prodotti naturali o di origine naturale dovranno costituire almeno il 95 simbolo_percentuale in peso del totale ingredienti (acqua inclusa). È ammesso un 5 simbolo_percentuale massimo di additivi sintetici. E, proprio su questo punto, la discussione è calda: i cosmetici contengono acqua, elemento che si degrada e ha necessità di essere conservato. La sfida sarà proprio quella di riuscire a realizzare creme che si mantengano integre grazie a un processo conservativo svolto da oli essenziali (mirto australiano, foglie di the, pompelmo, limone, menta), essenze ad alta azione antibatterica che però hanno lo svantaggio di avere una breve durata. A parte ciò, ci sono comunque aziende che hanno già raggiunto livelli di qualità “bio” corretti e certificati tramite il marchio Icea (Istituto certificazione etica ed ambientale).
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